Migrazioni e urbanistica: le nuove città sono identità in movimento.
5 Maggio 2018
Il coraggio delle donne: madri alla ricerca della verità. Da Srebrenica a Tunisi.
5 Maggio 2018
Show all

Fini sociali e accesso al credito per la fasce deboli. La finanza “buona” esiste.

Finanza buona e modelli economici alternativi. Di questo si è parlato nel panel “Il denaro come mezzo e non come fine” condotto dal giornalista di Rainews Luca Raballo. Ospiti Andrea Baranes presidente della Fondazione Culturale Responsabilità Etica, della rete di Banca Etica e Jordi Ibanez Pulido, direttore Fundacion Fiare. Ma esiste davvero una finanza che può essere utilizzata per fini sociali? “La finanza deve essere uno strumento per sostenere l’economia e le persone – dice Baranes – La finanza tradizionale è divenuta ipertrofica, non riesce a svolgere questo ruolo, non riesce a mettere in comunicazione chi ha soldi con chi ha bisogno di finanziamenti”. Da una ricerca dello scorso anno è emerso che a parità di dimensioni le banche etiche erogano il doppio del credito delle banche tradizionali. Le banche non investono più in imprese, in ricerca, ma talvolta ricomprano addirittura le loro stesse azioni. “ E’ necessario – dice ancora Baranes –  recuperare la propria finalità è la priorità, per ridare un senso alla finanza”.  Su questa linea Jordi Pulido delal Fondazione Fiare: “La nostra fondazione nasce nel 2002 col sostegno di movimenti sociali proprio per finanziare progetti.  Nel 2007 con la crisi le autorità finanziarie hanno chiesto alle banche di unirsi e creare un oligopolio. Noi abbiamo seguito un’altra strada”.  Recuperando proprio le finalità con cui tante banche, in particolare le Casse di Risparmio, erano nate: “Con la crisi, le casse di risparmio, hanno invece iniziato a fare affari sporchi, investendo nel settore immobiliare in maniera irresponsabile, – chiosa Pulido”.  La finanza etica applicata la mercato della casa è la concretizzazione delle finalità delle banche etiche: “Con la crisi economica, un problema grave è stato quello della casa e dei giovani che non potevano pagarsela. La società civile ci ha chiesto un’alternativa. La nostra cooperativa ha adottato un modello che si ispira al Nord Europa e si chiama “diritto di utilizzo”, alternativo alla proprietà o all’affitto: tutto si svolge all’interno della cooperativa, che inoltre riserva una quota di solidarietà in caso che un socio non possa pagare la sua quota parte”. Che differenza c’è tra affitto tradizionale e “diritto di utilizzo?”. “La differenza è che l’affitto è soggetto alla speculazione immobiliare che interessa quella zona, il diritto di uso invece è una quota fissa”, dice Pulido. Inoltre “Il modello di queste abitazioni implica anche spazi comuni, con spazi condivisi per rafforzare i legami sociali – rilancia Baranes. Questo avviene anche in Italia, Banca Etica vuole anche creare legami sociali”. Eppure nel Sud di Europa, i progetti di social housing non funzionano come a Nord in Italia ci sono ottimi esempi di modelli che funzionano, non c’è un problema strutturale. Semmai c’è ancora l’idea della proprietà della casa come passaggio per una crescita sociale”. Altro grande problema sono le aziende in crisi. Banca Etica è in prima linea accanto ai lavoratori a ricomprarsi le aziende che rischiano la chiusura: è il worker’s buyout”. Giovani, operai, migranti e tutte le fasce deboli sono al centro del lavoro delle banche etiche: “A loro dobbiamo garantire l’accesso al credito. Su questo dobbiamo concentrare la nostra riflessione”.