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“I giovani vanno educato al fallimento”. Mattina dedicata i ragazzi delle scuole di secondo grado

“Parlare con i giovani e non dei giovani per iniziare a tessere assieme qualcosa di nuovo”, così Raffaele Palumbo ha aperto l’incontro dedicato ai giovani delle scuole secondarie di II grado direttore artistico del Festival.

L’evento si è aperto con Laura Silvia Battaglia di TV 2000 e la sua rassegna stampa sui temi arabi, a partire dall’emittente araba Al Jazeera e sui temi trattati dalla principale fonte di informazione dell’Arabia Saudita. L’intento è quello di smontare gli stereotipi su questo paese: partendo dalle gare di cammelli di bellezza e di velocità (considerando l’importanza di questo animale: è vitale dove c’è poca acqua, in quanto rappresenta, grazie ai doni che la natura gli ha fornito, la salvezza delle persone del posto). Spaziando dallo Yemen a Israele ed Iran.

 

Dopo la rassegna siamo entrati nel vivo con Carlotta Sami, portavoce di UNHCR: ”Chi passa una frontiera per chiedere asilo non commette un reato, bensì sta allo stato accogliente, in base alle sue leggi, decidere se è da considerarsi tale oppure no”. Alcuni dati: a fine 2016 i migranti fuggiti dal proprio paese sono 65,6 milioni, il dato più alto dalla Seconda Guerra Mondiale. L’Italia ospita solo il 2% degli immigrati, e Sami spiega il motivo: “Le persone che emigrano dal proprio paese tendono a spostarsi negli stati limitrofi al proprio”, e lo fanno, nella maggior parte dei casi, per scampare ad una situazione di guerriglia o di impossibilità nel coltivare, quindi a mangiare, dovuti ai cambiamenti climatici che stanno piegando il nostro pianeta: la maggior parte dei migranti se ne vanno dal Sud Sudan, Afghanistan e Siria. E dove vanno queste persone che scappano dalla morte? L’86% di loro si sposta in Libano, Uganda, Etiopia e Turchia, appunto, i paesi limitrofi. Carlotta Sami sottolinea anche un altro punto molto importante: la conseguenza di questo fenomeno di migrazione è un ulteriore impatto ambientale decisamente forte a causa della deforestazione dovuta alla naturale necessità dei campi profughi di cucinare; da qui si innesca una reazione a catena: quando si presenta un disastro ambientale accade che in questi luoghi si creano fortissimi elementi di instabilità: lotte, guerre, violenze contro i civili. In altre parole: si emigra dal proprio paese perché ci sono violenze e guerre, ed il fatto di emigrare porta altre carestie, quindi altri scontri e guerriglie. L’unica soluzione utile, conclude Carlotta Sami, è sfruttare quello che la natura ci offre: porta, infatti, l’esempio di un campo per rifugiati in Giordania: è stato costruito in pieno deserto e l’elettricità viene da un impianto fotovoltaico in grado di alimentare sia l’interno sia l’esterno dell’edificio, aumentando l’accesso all’energia elettrica da 8 a 14 ore.

 

Vincenzo Striano di Water Right Foundation dà all’incontro un’impronta meno umana e più chimica: dallo stress delle risorse idriche naturali e del fatto che lo strato di permafrost si sta sciogliendo, con il conseguente rischio di liberare nel nostro pianeta circa 70 milioni di tonnellate di metano, il gas serra presente in maggiori quantità nel permafrost. Striano spiega la situazione drammatica della Terra circa l’inquinamento globale che non può che portare a conseguenze globali: ”Nessuno se ne può chiamare fuori” – spiega il portavoce, per poi proseguire – “l’ambiente è il rapporto tra l’uomo e l’ambiente stesso. In altre parole, è impossibile avere una coscienza civica sulla questione se non abbiamo un rapporto diretto, chiamiamolo pure un interesse, nel salvaguardare il nostro pianeta. Prosegue l’intervento di Vincenzo Stigliano con il debito ecologico: spiega che è dal 1987 che l’uomo ha cominciato a consumare risorse naturali in modo molto più veloce del normale, fino ad arrivare a trent’anni dopo, il 2017, anno in cui la risorsa annuale di acqua è terminata il 2 agosto. È un dato scioccante, specialmente pensando alle logiche ma drammatiche conseguenze: il Fiume Azzurro in Cina raramente arriva al mare, il Rio Grande del Colorado non arriva nemmeno in Messico, mentre i nostri Arno e Po hanno dimezzato la loro portata.

 

E di fiume in fiume siamo arrivati in riva al Nilo con Asmaa Ali, attivista egiziana esperta in sviluppo sociale in questioni di genere e sociali nel suo paese: ha portato la testimonianza di quanto viene portato avanti dal progetto COSPE in Egitto con quattro scuole prevalentemente in zone rurali e piuttosto inquinate. L’obiettivo che Asmaa Ali porta avanti insieme al progetto COSPE è quello di migliorare gli spazi aperti e di aumentare l’accesso alle zone verdi in quanto i bambini, normalmente, non conoscono questi spazi: il fine ultimo, pertanto, è quello di aumentare la conoscenza circa le sfide ambientali a cui tutti noi ci troviamo di fronte. In una delle scuole incluse nel progetto – prosegue Asmaa Ali – c’ è un impianto fotovoltaico che i bambini sanno esattamente come utilizzare, riuscendo così a coprire tutte le necessità della scuola. L’intervento dell’attivista egiziana si conclude con una piccola parentesi sulla raccolta differenziata: nelle scuole del progetto è stata da poco introdotta, infatti, la raccolta differenziata, che i vari alunni hanno portato anche a casa affinché non solo a scuola, ma anche nelle rispettive abitazioni venga portata avanti per salvaguardare la casa di noi tutti.

 

La mattina è stata l’occasione di parlare di alcuni progetti fatti con le scuole su questi temi:

il liceo Copernico con il progetto di educazione civile alla legalità e alla cittadinanza attiva per capire che cosa è possibile fare per creare un mondo in cui è piacevole stare; a seguire abbiamo il Gramsci Keynes con il progetto “La legalità del noi”, un progetto di ricerca su realtà positive e negative della società; da qui l’appello degli studenti della scuola: “I giovani non sono solo vite di moda e consumismo: vogliamo essere considerati una risorsa, siamo assetati di rapporti autentici”; infine, sempre il Gramsci Keynes con il Marconi intervengono con il progetto “Media Education for Equity and Tolerance”, analizzando come viene mediata la comunicazione circa determinati tempi, come ad esempio quello dell’immigrazione, della violenza e del bullismo, alle volte con un approccio “non proprio buonista”, citando letteralmente uno degli studenti intervenuti.

 

Intervento a sorpresa di Lorenzo Bocchi, il rappresentante del parlamento regionale degli studenti, spronando gli studenti a proseguire i lavori ed i progetti descritti in precedenza, in quanto: “questi progetti non devono essere visti come dei traguardi, ma come il punto di partenza per il raggiungimento di una responsabilità civica necessaria per la costruzione di una società migliore”.

Dopo l’acqua si passa alla terra: “Le terre del cibo che vogliamo: bio e legali”. Stefano Liberti, autori di “I signori del cibo”, spiega le differenze tra una passata di pomodori a €0,39 ad una che costa 2€ o più: racconta di pomodori coltivati in una regione della Cina, poi mandati in Italia per il confezionamento (la cui mano d’opera viene pagata 2/3€ a cassone riempito) e ancora spediti nell’Africa settentrionale a prezzi stracciati. Ecco il motivo di frutta e verdura a così basso prezzo. Soltanto noi consumatori possiamo fare la differenza acquistando le arance che costano 3-4 € al chilo anziché quelle che ne costano 1-2. Solo noi possiamo cambiare questa situazione. Alessandro Leo di “Libera Terra”, cooperativa che gestisce i terreni sequestrati alla Sacra Corona Unita, insiste sul tornare ad un “cibo vero”, che tutela l’ambiente, che non inquina il terreno con pesticidi e veleni ma, soprattutto, che tutela i consumatori ed i contadini. E con una cooperativa di contadini si passa in Palestina dove le difficoltà quotidiane per coltivare la terra passano dalla carenza di acqua ai problemi legati alla mobilità e ai blocchi dei checkpoint israeliani: ne parla Gianni Toma responsabile Medio Oriente per COSPE. Storie difficili ma di successo anche con Francesco Trimboli di “Valle del Marro”, cooperativa che si occupa della coltivazione di clementine, arance e kiwi nei terreni sequstrati alla ‘Ndrangheta, vittime, nell’estate 2017, di furti ed attentati. Conclude il suo intervento con una citazione di Roberto Saviano: “I giovani vanno educati al fallimento”.