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Inaugurazione del festival Mediterrano DownTown e premio “Mediterraneo di Pace”

Cerimonia di apertura di Mediterraneo Dowtown al Centro d’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato con una filata dei promotori a inaugurare la prima edizione della manifestazione: Matteo Biffoni (Sindaco del Comune di Prato), Riccardo Noury (portavoce Amnesty International), Fabio Laurenzi (COSPE), Vittorio Bugli (Regione Toscana), Edoardo Zanchini (Vice Presidente Legambiente) e Monica Usai (Libera). Un’occasione per riflettere sui temi dell’immigrazione e della solidarietà che si propone, come ha ricordato il Sindaco di Prato Matteo Biffoni, di fornire “degli strumenti culturali che aiutino a comprendere” quello che sta accadendo nel Mediterraneo con l’auspicio di “generare un’alleanza comune” dall’incontro tra le diverse realtà che operano in ambito umanitario.

 

“Il Festival si pone al centro del Mediterraneo, ma va altre i confini geografici” ha spiegato Fabio Laurenzi, per proporsi come un “percorso che guarda lontano”. Migrazioni, ma non solo. Sono infatti intervenuti anche il Vice Presidente di Legambiente Edoardo Zanchini, che ha rimarcato il coinvolgimento del Mediterraneo come area sensibile a causa del cambiamento climatico, e Monica Usai di Libera, che ha voluto ricordare le vittime di mafia nel percorso di costruzione di una società più giusta basata sulla pace. Ha concluso il discorso introduttivo Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International, riaffermando l’intento del Festival di porsi come una sfida a una “narrazione intrisa di orientalismo e fondamentalismo” perché quando si è portati a pensare che “il bene sia il male” il rischio è quello di finire in una “bancarotta morale”.   Affrontare queste la complessità di queste tematiche con la dovuta attenzione è fondamentale per poterle comprendere perché, ha ricordato Vittorio Bugli, assessore alla Regione Toscana, solo in questo modo “forse saremo in grado di fare una rigenerazione di comunità”. Riporta il discorso su comunità e polemica contro le Ong anche l’’onorevole Giacomelli, che ha ribadito il suo sostegno a tutti i volontari, le associazioni e le persone che lavorano quotidianamente con le migrazioni, ricordando che le parole di Junker che ringrazia l’Italia di aver salvato l’Europa, vanno principalmente a loro.

Nel corso dell’inaugurazione si è parlato anche dell’impegno politico delle donne come motore di cambiamento. Sono state intervistate Malalai Joya, attivista ed ex-membro del Parlamento afgano definita dalla BBC “la donna più coraggiosa Afghanistan” e Lepa Mladjenovic, attivista serba e co-fondatrice di “Women in Black”, che dalla guerra del ’91 sostiene le donne vittime di violenza durante i conflitti e, adesso, nei campi profughi.

Il premio “Mediterraneo di Pace” quest’anno è andato a Can Dundar, giornalista turco che lo dedica a tutti i suoi colleghi ancora in carcere, nonostante una petizione firmata da 250mila persone per liberarli. Can Dundar stesso ha subito 10 mesi di reclusione e un attentato durante il processo che o vedeva tra gli imputati, e a Lucia Goracci, inviata Rai, che esordisce dicendo: “Io lavoro in paesi in cui ci si saluta augurandoci la pace, ma che non ce l’hanno”.

Dure le parole di Dundar sul suo paese, commentando l’esito del recente referendum nel dibattito sulla libertà di espressione che ha seguito la consegna del premio: “Vi immaginate un paese che vuole cambiare la costituzione e che non ha uno stato di diritto? Rincara la dose Lucia Goracci, che parla della Turchia come un paese dalla deriva autoritaria: “Erdogan sta pagando il pericoloso avventurismo della sua politica mediorientale. Soprattutto la Siria è stata per lui un punto di ritorno, adesso il suo unico modo di governare è un autoritarismo crescente. Pensate che durante le interviste che gli ho fatto mi sono resa conto che non è più abituato a domande indipendenti”.  Vittorio di Trapani (Usigrai/Fnsi esprime invece rammarico “Forse non abbiamo fatto abbastanza per impedire quella deriva a cui stiamo assistendo oggi. La Turchia è casa nostra. La violazione di diritti non ha confine. Altrimenti non sono diritti, sono interessi privati”.  Nadezdha Azghikhina, presidente giornalisti russi e vicepresidente della federazione dei giornalisti europei, ricorda che in Russia non c’è alcun monumento a Anna Politkovskaja, mentre qui in Italia sì. Questo per ribadire l’Importanza della solidarietà tra giornalisti per scambiare esperienze e conoscere.