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Migrazioni e urbanistica: le nuove città sono identità in movimento.

Le città non sono un contenitore per le persone, ma si creano e si trasformano in base alle persone. Sono un organismo vivente che cambia pelle e volto a seconda delle stagioni storiche e politiche. Riuscire a governare e valorizzare questi cambiamenti è parte del compito degli amministratori, dei politici, degli urbanisti e infine dei cittadini. Questo vale per Prato Barcellona, Parigi e Tunisi. Le città prese in esame durante l’incontro “La rigenerazione urbana”. Città molto diverse e lontane tra loro per storia e  accadimenti politici, ma hanno un tratto comune: esperimenti di inclusione sociale al tempo delle migrazioni. “Pochi lo sanno ma a Prato ci sono più di 120 etnie differenti -dice l’assessore all’Urbanistica del Comune di Prato, Valerio Barberis – Qui le istituzioni, come noi, hanno il dovere e l’obbligo di ripensare all’architettura mediante partecipazione e cooperazione cittadina, unendo così le diverse culture”.  E di istituzioni parla anche Liliya Romdhane, architetta tunisina, che punta il dito sulla continua mancanza di risorse da parte dello stato per lavorare sulla rivalutazione dei territori, che quindi procede estremamente a rilento: “Eppure – aggiunge –  questo progetto dovrebbe essere costante e perenne”. Dello stesso parere anche Scarnato, architetto pratese di stanza a Barcellona. “ La capitale catalana da tempo lo ha capito e ha puntato tutto su questo ( oramai si parla del “modello Barcellona” e il libro di Scaranato che ripercorre queste tappe si intitola “Top model Barcellona” ndr)  e ha trasformato il quartiere di Barcellona, El Raval, da quartiere con gli affitti più economici della città, trent’anni fa definita una zona residenziale per poveri, ad una delle zone della capitale catalana di maggior lusso”. Scarnato spiega che questo progetto di rivalutazione totale de El Raval era stato pensato come progetto per restituire alla zona l’identità del luogo. Tuttavia, si è presentato un fenomeno che inizialmente non era stato preventivato: i migranti che prendono il posto nella scena urbana dei precedenti abitanti, ormai trasferitisi di quartiere. D’altra parte “L’immigrazione è un soggetto politico e sociale, non un fenomeno – dice Pierpaolo Piscopo, ricercatore italiano che a Parigi ha condotto lunghe analisi nelle banlieues – come troppo spesso ci si limita a dire. I migranti possono cambiare i connotati della nostra società: è sempre stato così in ogni paese del mondo, e sempre sarà così, è un fenomeno naturale”.  Pensiamo anche a cosa questo progetto può portare: un costante ricircolo di persone e culture che in alcuni casi non rispecchiano affatto l’identità che il quartiere aveva in precedenza. Il lavoro sul Raval ad esempio era stato pensato per restituire l’identità perduta, ed è diventato la coperta di un’altra identità ancora al quartiere, differente dalle due precedenti.  In questo senso, mentre altre città questo processo lo subiscono, a Barcellona si è creato un fenomeno tuttora in corso, che porta a rinnovare costantemente aree o interi quartieri, il che offre parecchi posti di lavoro e, appunto, la rivitalizzazione della propria città.  Fondamentale in questo lavoro sono le attività culturali. “Nella Medina di Tunisi- dice Lilya –  sono le associazioni culturali a smuovere le acque di una burocrazia troppo torbida, organizzando puntualmente eventi che attirino in particolar modo gli artisti, affinché questi possano elaborare idee per rivitalizzare la città tunisina. Questo è il modo che nella Medina va per la maggiore per la creazione di nuovi posti di lavoro”. Conferma Barberis: “Le associazioni culturali sono l’humus culturale locale che sfrutta l’arte in tutte le sue forme”.  L’arte e la bellezza rimangono alla base di ogni rivitalizzazione: «I centri delle città saranno musei – dice Piscopo – i musei saranno i centri”.

Il discorso completo di Pier Paolo Piscopo lo trovate sul suo blog: parte 1 – parte 2