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Il disordine libico è il nostro disordine

Della Libia, noi italiani o europei, mediamente informati, non sappiamo nulla, o meglio quello che sappiamo non è corretto. Insomma ci capiamo poco. Le testimonianze dirette di due giornalisti Farid Adly e Francesca Mannocchi e della responsabile Uhncr in Niger, Alessandra Morelli, in collegamento skype dal Niger, chiariscono la situazione.

 

“In Libia non ci sono problemi di tribù, come sentiamo dire – dice Farid Adly –. Le divisioni sono dovute a ragioni politiche e economiche”. Una particolare responsabilità sul caos odierno è attribuibile alla Fratellanza Musulmana che dopo aver perso le elezioni del 2014 ha forzato la situazione, non accettandola: da qui nasce il conflitto attuale tra le milizie e le forze armate. A ciò, c’è da aggiungere che l’attuale governo Serraj non è supportato da un esercito, ma da milizie private che mantengono la sicurezza e l’ordine pubblico. Un governo che ha avuto per altro la mediazione del Governo italiano e il sostegno dell’ONU. E’ in questo contesto che si inserisce il fenomeno migratorio e la sua gestione. Accanto ai centri ufficiali in cui i migranti sono tenuti, ve ne sono altri non ufficiali e gestiti dalle milizie. E’ in questi luoghi che avvengono le torture e le barbarie che vengono descritte, anche a causa della scarsa efficacia dei controlli. “Prima che arrivi un’agenzia internazionale, i migranti sono spostati o nascosti, così da non vedere le loro reali condizioni – afferma Francesca Mannocchi. Anche la tratta degli schiavi è diversa da come la immaginiamo”. Dimentichiamoci il filmato della BBC, la vera tratta si basa sul ricatto alle famiglie dei migranti: ai ragazzi vengono rubati i cellulari, con cui sono chiamate le famiglie di provenienze costringendole a inviare soldi per salvare il figlio o il fratello. Su 6 milioni di libici, 2,5 milioni sono all’estero.

Infine interviene Alessandra Morelli dell’Unchr. Col suo lavoro in Niger tocca con mano il blocco delle vie migratorie mediterranee: il Niger vive una situazione difficile dove i migranti che partono da altri paesi non riescono più a uscire. Se prima era un paese di passaggio, molti ora non riescono a uscirne, creando situazione di forti tensioni con gli abitanti, come nella città di Agadez. La chiusura della Libia ha creato un “effetto strangolamento” sul Niger che è rimasto l’unico corridoio aperto

In Niger oggi ci sono 2.000 sudanesi.   La Libia, come cerniera strategica e come luogo di conflitti ma Farid è ottimista: “La mia speranza è che entro il 2019 si riesca a pacificare il paese”.