Premio Mediterraneo di Pace a Sihem Bensedrine. Assente perchè impossibilitata a uscire dal paese.
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Le donne protagoniste delle battaglie più difficili!

“Non è un caso se resistenza e resilienza sono sostantivi femminili, è perché le donne hanno una marcia in più” Apre così Danilo De Biasio, il panel “Per giustizia e per amore” dedicato alle donne attiviste. In varie declinazioni: donne forti e determinate che hanno combattuto per i diritti delle donne, ma anche, come Ilaria Cucchi che, da donna, ha combattuto per suo fratello, per far sì che la giustizia vinca e finalmente ciò è avvenuto.

Perché un focus sulle donne?  “Difendere i diritti umani è difficile e quando si è una donna ancora di più per la loro identità di genere”, chiarisce Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International che ci racconta quanto lunghe e dure sia stata la battaglia (e la vittoria) delle donne in Arabia Saudita hanno conquistato il diritto di guidare, ma anche quanto una battaglia ancora in corso debba combattere un’avvocata, Nasrin Sotoudeh, che in Iran, è stata condannata a 38 anni di carcere, per aver difeso altre donne che si erano tolte il velo in un luogo pubblico. “Tutti i giorni ad Amnesty – dice – vediamo come le donne siano protagoniste nelle battaglie per la difesa dei diritti umani.

Lo fanno in quei paesi dove queste battaglie sono doppiamente pericolose, perché le donne dovrebbero rimanere all’interno del proprio ruolo”.  Non è rimasta al posto suo Sihem Bensedrine, presidente della Commissione Verità e Giustizia e vincitrice del premio mediterraneo di Pace 2019, in collegamento da Tunisi perché impossibilitata a uscire dal paese. Sihem si è battuta prima contro il regime di Ben Ali e negli ultimi con l’Istanza che indaga sui crimini che quel regime ha commesso.  Oggi, dopo i risultati della Commissione, in Tunisia sono state istituite camere penali apposite per queste violazioni. Una vittoria. Uno dei risultati delle primavere arabe. Uno dei pochi diremmo. Per questo Bensedrine si dice ottimista e soprattutto speranzosa riguardo ai recenti moti in Algeria: ”Sono felice perché finora siamo stati l’unico paese che ha cercato di risolvere i fatti del passato in maniera pacifica. Gli algerini non sono riusciti a avere giustizia per i fatti dolorosi successi nel passato e ora hanno intrapreso un percorso pacifico per ottenerla”.

Una battaglia è in corso anche sulle alpi francesi dove persone e associazioni come Tous Migrants di Marie Dorléans, presente al panel, esercitano solidarietà costante e consapevole nei confronti dei migranti che ogni giorno tentano di valicare i confini. “Anche in Francia però, come sta accadendo in Italia – racconta Dorlèans- sebbene esista il principio costituzionale di solidarietà, chi aiuta migranti è penalizzato, criminalizzato, condannato”.  Una colpa di questa deriva, di questa rappresentazione scorretta va anche ai giornalisti oltre ai politici, secondo l’attivista francese: “Il problema non sono i migranti, ma l’accoglienza e i valori che ci stanno dietro: i media ci catalogano come associazione “promigranti”, appiattendo così la comunicazione”.

Dai migranti e la colpevolizzazione della solidarietà alle morti di Stato con le parole di Ilaria Cucchi, in collegamento da Roma: nove anni di lotta e di ricerca della verità e una vittoria per restituire dignità a Stefano, ma ancora tanti ostacoli: “Ormai siamo arrivati alla verità sul caso di mio fratello, ma ancora oggi, anche se sembra incredibile, sono possibili i depistaggi di fronte al Pubblico Ministero che sta facendo l’indagine.  Sono i vertici dei Carabinieri a mettere ancora i bastoni tra le ruote. “I vertici di allora avevano già pianificato quello che doveva emergere dal punto di vista medico-legale. – chiosa Fabio Anselmo, avvocato della famiglia Cucchi, che interviene nel collegamento – Questo è stato l’aspetto più subdolo del depistaggio, rappresentare Stefano come debole e anoressico, attribuendo a lui stesso la responsabilità della sua morte”.

Molti sapevano, tutti mentirono.  Anche se la strada è ancora lunga, molte cose sono cambiate nel corso di questi anni: Stefano sarebbe stato uno dei tanti morti di Stato dimenticati e anche vilipesi. Ilaria ha restituito dignità alla memoria del fratello e ha dato una speranza anche a tutti i familiari che, come lei, hanno subito ingiustizie come queste.

Nella foto Marie Dorleàns 

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